Sono sicura che anche a voi è capitato di non riuscire a chiudere occhio e svegliarvi al mattino più stanche che mai. Colpa dello stress da lavoro, di problemi famigliari o di salute, di ansia in vista di un evento importante ma anche, spesso, di abitudini scorrette. In ogni caso l’insonnia non va sottovalutata, perché la qualità e la durata del sonno rappresentano un pilastro importante della nostra salute.

Secondo i dati più recenti dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno più di 13 milioni di persone soffrono di insonnia nel nostro Paese. Con ricadute importanti sulla qualità della vita. Infatti dormire male non significa solo trascinarsi sonnolenza e irritabilità per tutta la giornata ma può avere conseguenze molto impattanti, specie per le donne che hanno superato gli “anta”. La soluzione alle notti insonni? Spesso è sotto mano e punta dritto al nostro stile di vita. Ci spiega tutto la dottoressa Paola Mattaliano, neurologa ed esperta di medicina del sonno.

Cosa c’è dietro quella che chiamiamo genericamente insonnia?

Di fatto bisognerebbe parlare di insonnie, perché sono tanti gli aspetti che danno origine a diverse tipologie di disturbi del sonno. Parliamo di insonnia quando siamo di fronte a una riduzione del tempo del sonno e della sua qualità. Abbiamo l’insonnia iniziale che posticipa l’addormentamento, l’insonnia intermedia quando si hanno tanti risvegli e il sonno frammentato con una riduzione delle ore di riposo, e l’insonnia terminale quando ci si risveglia presto senza riuscire a riaddormentarsi. Il campanello d’allarme? La sensazione soggettiva di sonno insufficiente. Ognuno di noi ha un suo numero di ore di sonno adeguate, non c’è un valore assoluto, anche se si valuta un numero medio di circa 7 ore.

Quali fattori incidono sulla qualità del sonno?

Alla base c’è il nostro orologio biologico che va rispettato: il nostro organismo è programmato per seguire un ritmo sonno/veglia, però gli stili di vita possono scontrarsi con questo orologio interno.

L’approccio medico consiste nella valutazione a 360 gradi della giornata per capire cosa disturba il naturale ritmo circadiano, oppure individuare condizioni patologiche che alterano il riposo notturno come la sindrome delle gambe senza riposo nelle donne: una sensazione di discomfort alle gambe che obbliga la persona a muoversi e spesso non viene percepita come un problema medico. Anche le apnee notturne, una fatica respiratoria di cui non ci si accorge soggettivamente, rendono il sonno più fragile e frammentato. E poi ci sono i disturbi dell’umore, come la sindrome ansioso depressiva.

La “svolta” della menopausa: cosa succede?

Premesso che a partire dalla pubertà i disturbi del sonno colpiscono più le donne degli uomini in ogni età, in quanto sono collegati alle fluttuazioni ormonali, la prevalenza dell’insonnia esplode durante la menopausa. Infatti il drastico calo degli ormoni femminili, che hanno un ruolo protettivo sul sonno, ci espone a un rischio maggiore. A mettere a dura prova il sonno contribuiscono anche i sintomi vaso motori come le vampate, l’aumento di peso (che può comportare lo sviluppo di apnee), l’alterazione del profilo psichico, l’invecchiamento dei sistemi che regolano il ritmo circadiano che diventano meno performanti e rendono più difficile lo scandirsi del ritmo sonno/veglia, e non ultima la minore produzione di melatonina.

Se durante l’età fertile la donna è più protetta dalle conseguenze negative, poi paga un pegno molto maggiore: l’insonnia non è un problema confinato alle ore notturne ma ha una rilevanza nelle 24 ore, con effetti negativi su pressione, malattie cardiovascolari, neuro-degenerative e cognitive, e sulla capacità di reagire alle infezioni.

 

 

Cosa possiamo fare?

Riconoscere l’importanza del sonno e le eventuali ripercussioni negative è il primo passo, così come la consapevolezza di momenti a rischio nella vita della donna. Poi è importante seguire delle buone norme comportamentali. Prima di adottare una terapia e magari creare una dipendenza, vanno individuate le abitudini di vita che disturbano il sonno. Nelle prime ore del giorno c’è un picco interno di sostanze, ormoni e neurotrasmettitori, che ci danno il massimo di energia per affrontare la giornata, al contrario la sera c’è un calo della performance per facilitare addormentamento. Perciò è bene concentrare l’attività fisica e mentale nella prima metà della giornata. La strategia più importante è creare una sorta di routine serale che riduce i livelli di tensione e di allerta. Non si va a letto se non per dormire, tablet e lettura delle ultime email del giorno non devono entrare nella stanza da letto. L’esposizione agli stimoli luminosi va ridotta al minimo così da dare un input allo “spegnimento” dell’organismo. In questo modo si crea un riflesso condizionato tra ambiente del sonno e riposo notturno.

Consigli per il pasto serale? Carboidrati sì o no?

-Fondamentale andare a letto sazi, perché avere ancora appetito rappresenta una forma di allerta, ma la cena deve essere leggera e digeribile.

-Una digestione laboriosa, che mette molto alla prova i nostri apparati, interferisce negativamente con un buon riposo.

-No ai cibi piccanti o fritti che potrebbero scatenare il reflusso e peggiorare l’addormentamento. -Attenzione all’alcol che ha effetto ambivalente: se da un lato ci rilassa e ci fa addormentare più facilmente, dall’altra provoca un sonno più leggero e più vulnerabile ai risvegli.

-I carboidrati aiutano in quando favoriscono la produzione di serotonina.

-L’orario di cena deve essere il più regolare possibile, non troppo tardivo per dare all’organismo il tempo di decelerare.

Con la collaborazione della dottoressa Paola Mattaliano, neurologa ed esperta di medicina del sonno presso Auxologico.

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